MANIFESTO
DELL'AZIONE GLOBALE DEI POPOLI

"Non possiamo ricevere la comunione dall'altare della cultura dominante che confonde il prezzo con il valore e converte gente e paesi in merci."
Eduardo Galeano

"Se sei venuto solo per aiutarmi, torna pure a casa. Ma se consideri la mia lotta come parte della tua lotta per la sopravvivenza, allora forse possiamo lavorare insieme".
Donna Aborigena

PRIMA PARTE *
Globalizzazione economica, potere e "corsa al ribasso" *
Sfruttamento, lavoro e sostentamento economico *
Oppressione di genere *
La lotta dei popoli indigeni per la sopravvivenza *
Repressione contro i gruppi etnici *
Minaccia contro la Natura e l'Agricoltura *
Cultura *
Conoscenza e Tecnologia *
Istruzione e Nuove Generazioni *
Militarizzazione *
Emigrazione e Discriminazione *
SECONDA PARTE *

PRIMA PARTE

Viviamo in un'epoca in cui il capitale, con l'aiuto di alcune agenzie internazionali come l'Organizzazione Mondiale per il Commercio (OMC), il Fondo Monetario Internazionale (FMI), la Banca Mondiale (MB) ed altre ancora, sta rimodellando le politiche nazionali in modo da rafforzare il proprio controllo globale sulla vita politica, economica e sociale di tutti i mondi.

Il capitale è sempre stato globale. Il suo slancio illimitato verso l'espansione ed il profitto non conosce confini.

Dalla tratta degli schiavi dei primi secoli dell'imperialismo coloniale sui popoli, le terre e le culture del mondo, l'accumulazione capitalistica si è sempre nutrita del sangue e delle lacrime dei popoli. A questa distruzione e miseria si è opposta soltanto la resistenza degli umili.

Ai nostri giorni il capitale sta sviluppando una nuova strategia per affermare il proprio potere e neutralizzare la resistenza della gente: la globalizzazione economica, che consiste nello smantellamento delle barriere nazionali al commercio e nella libera circolazione dei flussi finanziari. Le conseguenze della globalizzazione si diffondono in tutte le strutture delle società e delle comunità del mondo, integrando i popoli in un unico e gigantesco sistema, finalizzato all'ottenimento del profitto e al controllo degli esseri umani e della natura.

Termini come "globalizzazione", "liberalizzazione" e "deregolamentazione", mascherano semplicemente le disparità crescenti nelle condizioni di vita fra le elites e le masse sia nei paesi ricchi che in quelli poveri.

L'ultimo e probabilmente più importante fenomeno nel processo di globalizzazione è l'emergere di accordi commerciali come strumenti chiave di accumulazione e controllo.

Nell'elaborazione e realizzazione di tali accordi, l'OMC è di gran lunga l'istituzione principale. Essa è diventata lo strumento scelto dal capitale transnazionale per rafforzare il proprio dominio economico globale.

L'Uruguay Round ha profondamente ampliato la dimensione del sistema di scambio multilaterale (si vedano gli accordi conclusi sotto l'egida dell'OMC), cosicché questo non riguarda più esclusivamente il commercio di beni manufatti. Gli accordi dell'OMC coprono a tutt'oggi il commercio dei prodotti agricoli, dei servizi, dei diritti d'autore e degli investimenti. Tale espansione ha delle conseguenze importanti sia dal punto di vista economico che non economico. L'Accordo Generale sul Commercio dei Servizi, ad esempio, avrà effetti di vasta portata sulle diverse culture del mondo.

Allo stesso modo l'Accordo sul Commercio Legato alla Proprietà Intellettuale (TRIPs) e le pressioni unilaterali, specialmente sui paesi ricchi di biodiversità, stanno forzando tali paesi ad adottare nuove legislazioni che stabiliscono diritti di proprietà sulle forme di vita, con conseguenze disastrose sulla biodiversità e la sicurezza alimentare. Il sistema di scambio multilaterale, rappresentato dall'OMC, ha un impatto tremendo sul ridimensionamento delle politiche nazionali economiche e sociali, e di conseguenza sull'ampiezza e natura delle possibilità di sviluppo.

Gli accordi commerciali si stanno moltiplicando anche a livello regionale.
Il NAFTA (l'Accordo di Libero Scambio dell'America Settentrionale) costituisce il prototipo di accordo regionale giuridicamente vincolante che coinvolge paesi ricchi e paesi poveri (Stati Uniti e Canada, Messico) , il cui modello si tenta di riprodurre nei paesi del Sud America. L'APEC (la Cooperazione Economica del Sud-Est Asiatico) rappresenta un altro modello, nel quale sono coinvolte le due categorie di paesi, sempre più utilizzato per stabilire nuovi accordi in seno all'OMC.
Il Trattato di Maastricht è naturalmente l'esempio più illustre di accordo giuridicamente vincolante fra paesi ricchi. D'altra parte si vanno facendo accordi commerciali regionali anche fra paesi poveri, come l'Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN), la Cooperazione per lo Sviluppo dell'Africa Meridionale (SADC), l'Accordo di Libero Scambio dell'Asia Meridionale (SAFTA) ed il Mercato Comune del Cono Sud dell'America (MERCOSUR). Tutti questi accordi regionali implicano un trasferimento di poteri decisionali dalla dimensione nazionale ad istituzioni regionali, ancora più distanti dai cittadini e meno democratiche degli stati nazionali.

Come se ciò non bastasse, i paesi ricchi stanno promuovendo un nuovo trattato, l'Accordo Multilaterale per gli Investimenti (MAI), per aumentare i diritti degli investitori stranieri molto al di là dell'attuale situazione nella maggior parte dei paesi e per ridimensionare drasticamente il potere ed i diritti dei governi locali nel controllo dell'ingresso di imprese estere e di investitori, del loro stabilimento e delle loro attività.

Attualmente questo è il principale tentativo di estendere la globalizzazione e la "liberalizzazione" economica. Il MAI abolirà la facoltà ed il diritto legittimo di sovranità dei popoli a determinare le proprie politiche economiche, sociali e culturali. Tutte queste istituzioni e questi accordi condividono il medesimo obiettivo: fornire mobilità a beni, servizi e capitali, aumentando il controllo del capitale transnazionale sui popoli e la natura, trasferendo poteri ad istituzioni distanti e non democratiche, precludendo la possibilità di sviluppare economie autosufficienti basate sulle comunità, limitando la libertà dei popoli di costruire società fondate sui valori umani.

Globalizzazione economica, potere e "corsa al ribasso"

La globalizzazione economica ha dato vita a nuove forme di accumulazione e potere. L'accumulazione, controllata dalle multinazionali e dagli investitori ha luogo su scala mondiale e a velocità crescente.

Mentre il capitale è divenuto globale, le politiche di distribuzione del reddito rimangono competenza dei governi nazionali incapaci, e molto spesso restii, a porsi contro gli interessi del capitale transnazionale. Tale squilibrio sta provocando un'accelerata redistribuzione del potere a livello mondiale, rafforzando quello che viene usualmente definito come il "potere corporativo".

In questo particolare sistema politico, il capitale globale determina l'agenda economica e sociale su scala mondiale (con l'aiuto di gruppi di pressione "informali" estremamente influenti, come il Forum Economico Mondiale). Queste lobbies corporative dettano istruzioni ai governi in forma di raccomandazioni, e i governi sono costretti a seguirle, dal momento che quei pochi che hanno rifiutato di obbedire hanno subito attacchi speculativi verso le proprie monete o visto gli investitori stranieri fuggire via. L'influenza delle lobbies corporative si è rafforzata grazie agli accordi regionali e multilaterali. Con il loro aiuto, le politiche neoliberali si stanno imponendo in tutto il mondo.

Le politiche neoliberali creano tensioni sociali a livello mondiale simili a quelle testimoniate su scala nazionale durante la prima fase dell'industrializzazione: mentre aumenta il numero dei miliardari, sempre più persone nel mondo si trovano in un sistema che non offre possibilità di lavoro né accesso al consumo.

Queste circostanze negative, combinate alla libera mobilità dei capitali, forniscono agli investitori transnazionali l'ambiente ideale per spingere i lavoratori ed i governi gli uni contro gli altri. Il risultato è dato dalla corsa al ribasso nelle condizioni sociali e ambientali e nello smantellamento delle politiche redistributive del reddito (tassazione progressiva, sistema di previdenza sociale, riduzione dell'orario di lavoro). Si crea un circolo vizioso, in cui la domanda effettiva si concentra nelle mani dell'elite transnazionale, mentre sempre più persone non riescono a soddisfare i propri bisogni primari.

Tale processo di accumulazione ed esclusione su scala mondiale rappresenta un attacco globale ai diritti umani fondamentali con conseguenze molto visibili: miseria, fame, aumento dei senza tetto, disoccupazione, deterioramento delle condizioni sanitarie, esproprio della terra, analfabetismo, pesanti disuguaglianze fra i sessi, crescita esplosiva del settore informale e dell'economia sommersa (in particolare produzione e commercio di droga), distruzione della vita di comunità, riduzione dei servizi sociali e dei diritti dei lavoratori, crescente violenza a tutti i livelli della società, accelerata distruzione del patrimonio ambientale, incremento dell'intolleranza razziale, etnica e religiosa, emigrazione di massa (per ragioni economiche, politiche ed ambientali), rafforzamento del controllo militare e della repressione, ecc.

Sfruttamento, lavoro e sostentamento economico

La globalizzazione del capitale ha spossessato i lavoratori della capacità di confrontarsi e contrattare con il capitale nel contesto nazionale. Molti dei sindacati tradizionali (soprattutto nei paesi opulenti) hanno accettato la propria sconfitta da parte dell'economia globale e stanno volontariamente rinunciando alle conquiste ottenute grazie al sangue ed alle lacrime di generazioni di lavoratori.

In ossequio alle richieste del capitale essi hanno scambiato la solidarietà con la "competitività internazionale" e i diritti del lavoro con la "flessibilità del mercato del lavoro".

In questo momento stanno reclamando l'introduzione di una clausola sociale nel sistema commerciale multilaterale, cosa che consegnerebbe ai paesi ricchi uno strumento per un protezionismo selezionato, unilaterale e neocoloniale, con l'effetto di aumentare la povertà anziché di combatterne le radici.

I gruppi di destra dei paesi ricchi accusano spesso quelli poveri di dumping sociale per giustificare la disoccupazione ed il peggioramento delle condizioni di lavoro. Essi affermano che i popoli del Sud dirottano a loro vantaggio i capitali del Nord grazie ad un costo del lavoro meno caro, un basso livello di tassazione e legislazioni in materia di lavoro deboli o inesistenti.

Se da una parte si verifica un certo grado di delocalizzazione delle imprese nei paesi poveri (concentrata in settori specifici quali il tessile e la microelettronica), le adolescenti che sacrificano la propria salute lavorando per un salario bassissimo e facendo straordinari non pagati, difficilmente possono essere biasimate per il disordine sociale causato dal libero movimento delle merci e dei capitali. Inoltre, la maggior parte del fenomeno della delocalizzazione avviene fra paesi ricchi, mentre solo una porzione degli investimenti esteri va a quelli poveri (in aggiunta, parte degli investimenti da paesi tradizionalmente considerati sottosviluppati si dirigono verso il Nord).

La minaccia della delocalizzazione in un altro paese ricco (di gran lunga la forma più frequente di delocalizzazione) è per i lavoratori un ricatto altrettanto efficace della minaccia di trasferire la produzione in un paese povero. Infine, la causa principale della disoccupazione nei paesi opulenti risiede nell'introduzione di tecnologie sofisticate, sulle quali i popoli sottosviluppati non hanno sicuramente nessuna influenza. In breve, lo sfruttamento crescente è responsabilità esclusiva dei capitalisti e non dei popoli.

Molti sostenitori dello "sviluppo" salutano il libero movimento dei capitali dai paesi ricchi a quelli poveri come un contributo positivo al miglioramento delle condizioni di vita dei poveri, poiché gli investimenti esteri producono posti di lavoro ed entrate economiche. Costoro dimenticano che l'impatto sociale positivo degli investimenti esteri è limitato dalla sua stessa natura, dal momento che le multinazionali continuano a mantenere i propri capitali nei paesi poveri solo fino a quando le politiche di tali paesi permettono loro di continuare a sfruttare la miseria e la disperazione della popolazione. Il mercato finanziario impone punizioni estreme ai paesi che osano adottare un qualsiasi tipo di politica che abbia come risultato finale l'innalzamento degli standard di vita, come è dimostrato dalla brusca interruzione delle timide politiche redistributive adottate in Francia nel 1981 da Mitterrand. Inoltre, la crisi messicana del 1994 e le recenti crisi in Asia Orientale, sebbene dipinte dai media come il risultato di una disfunzione tecnica, sono esempi lampanti dell'influenza del potere economico corporativo che acquista vigore ogni giorno di piu' nei paesi poveri ed in quelli ricchi, condizionando ogni aspetto delle loro politiche economiche e sociali.

Chi crede negli effetti sociali benefici del "libero" mercato dimentica, inoltre, che l'impatto del capitale transnazionale non si limita allo sfruttamento del lavoro. Molti degli investimenti diretti esteri (i due terzi, secondo le Nazioni Unite) sono operati da multinazionali (TNCs Transnational Corporation's) che rilevano imprese nazionali distruggendo in seguito posti di lavoro. Ma le multinazionali non arrivano nei paesi mai da sole e con i propri soldi: portano anche prodotti stranieri, gettando fuori dal mercato un gran numero di imprese ed aziende agricole locali, oppure costringendole a produrre a condizioni ancora più disumane. Infine, molti degli investimenti esteri determinano uno sfruttamento insostenibile delle risorse naturali, causa di un irrecuperabile spossessamento delle forme di sostentamento economico delle diverse comunità locali, degli agricoltori, dei gruppi etnici, ecc.

Noi rifiutiamo l'idea che il "libero" commercio crei occupazione e aumenti il benessere, contestiamo inoltre l'affermazione secondo la quale esso possa contribuire ad alleviare la povertà. Ma rifiutiamo anche decisamente l'alternativa di destra di un capitalismo nazionale più forte, così come l'alternativa fascista di uno stato autoritario che rilevi il controllo centrale dalle imprese.

Le nostre battaglie mirano a riassumere il controllo dei mezzi di produzione dalle mani del capitale nazionale e transnazionale per creare un'economia sostenibile e controllata dalle comunità, basata sulla solidarietà ed i bisogni delle persone, non sullo sfruttamento e l'avidità.

Oppressione di genere

La globalizzazione e le politiche neoliberali provocano e aumentano le disuguaglianze esistenti, comprese le disparità fra i sessi. Il sistema di potere nell'economia globale centrato sull'uomo, come in molti sistemi tradizionali, incoraggia lo sfruttamento della donna lavoratrice, responsabile della famiglia e oggetto sessuale.

Le donne sono ritenute responsabili della nascita, l'allevamento e l'istruzione dei giovani per prepararli a diventare parte della forza lavoro mondiale. Esse sono impiegate come docile manodopera a basso costo nelle forme più oppressive di occupazione, come l'industria tessile e la microelettronica. Sospinte fuori dal proprio paese natale a causa della povertà generata dalla globalizzazione, molte donne cercano impiego in paesi stranieri, spesso ridotte in clandestinità, sottoposte a condizioni di lavoro e di sicurezza terribili. Il commercio mondiale del corpo femminile è diventato una delle maggiori componenti del commercio globale, includendo anche bambine fino a 10 anni d'età.

Le donne sono usate dall'economia globale in diverse forme di sfruttamento e mercificazione.
Le donne sono considerate soggetti attivi soltanto nella gestione familiare. Benché ciò sia lontano dalla realtà, tale atteggiamento è stato utilizzato per negare alle donne un ruolo nella vita pubblica. Il sistema economico fa spesso uso di questi diversi ruoli fra i sessi, per identificare nelle donne la causa di molti problemi sociali ed ambientali. Perciò, il fatto che le donne abbiano troppi figli (piuttosto che il fatto che i ricchi consumino risorse in maniera eccessiva) è visto come la causa della crisi ambientale mondiale. Il fatto che le donne percepiscano bassi salari, poiché la loro è considerata un'entrata complementare nell'economia familiare, è utilizzato per accusarle della disoccupazione maschile e della riduzione dei livelli di stipendio degli uomini. Ne consegue che le donne fungono da capo espiatorio e sono colpevolizzate della creazione di quella stessa miseria che le opprime, e tutto ciò anzichè riconoscere al capitale la responsabilità del caos sociale ed ambientale. Tutto ciò si aggiunge alla violenza fisica sofferta quotidianamente dalle donne di tutto il mondo.

Il sistema patriarcale rimane fermo nell'idea della naturalezza ed esclusività dell'eterossessualità.
La maggior parte delle strutture e dei sistemi sociali rifiutano ogni altra forma di espressione ed attività sessuale. Questa limitazione della libertà è utilizzata per perpetuare il ruolo patriarcale dominante dell'uomo.

La globalizzazione, sebbene contribuisca alla lotta per la liberazione femminile e sessuale introducendola anche nelle società molto repressive, rafforza il sistema patriarcale, alla radice della violenza contro le donne, gli omosessuali, le lesbiche ed i bisessuali.
L'abolizione del sistema patriarcale e la fine di tutte le forme di discriminazione sessuale richiedono un aperto impegno contro il mercato globale. Allo stesso modo è vitale che coloro che combattono contro il capitale globale comprendano e si oppongano allo sfruttamento e all'emarginazione femminile partecipando alla lotta contro l'omofobia.

Dobbiamo sviluppare nuove culture che costituiscano alternative reali alle nuove ed antiche forme di oppressione.

La lotta dei popoli indigeni per la sopravvivenza

Le popolazioni indigene hanno una lunga tradizione di resistenza alla distruzione causata dal capitalismo. Ai nostri giorni esse devono confrontarsi con il progetto della globalizzazione neoliberale, strumento del capitalismo finanziario transnazionale per il neocolonialismo ed il loro sterminio.

Questi nuovi agenti del processo di globalizzazione stanno violentemente invadendo gli ultimi rifugi delle popolazioni indigene, violando i loro territori, le loro risorse ed il loro ambiente, distruggendone gli stili di vita e perpetrando spesso il loro genocidio. Gli stati nazionali permettono ed incoraggiano attivamente tali violazioni, nonostante il loro impegno a rispettare i diritti degli indigeni contenuti in molte dichiarazioni, convenzioni ed accordi internazionali.

Le multinazionali si appropriano delle antiche conoscenze e le brevettano per il proprio esclusivo guadagno e profitto. Ciò significa che i popoli indigeni ed il resto dell'umanità devono pagare per accedere a conoscenze divenute in questo modo una merce. Inoltre, gli stessi indigeni sono utilizzati dalle case farmaceutiche e dall'amministrazione statunitense in esperimenti per la classificazione del genoma umano nel quadro del Programma per la Diversità del Genoma Umano.

Ci opponiamo alla brevettazione di ogni forma di vita e al controllo monopolistico delle grandi imprese sui semi, i farmaci, i sistemi tradizionali di conoscenza e sui genomi umani. La lotta delle popolazioni indigene per difendere la propria terra (incluso il sottosuolo) ed i propri stili di vita determina una crescente repressione nei loro confronti e la militarizzazione dei loro territori, costringendoli a sacrificare le proprie vite e la propria libertà.

Questa lotta non terminerà fino a quando il diritto all'autonomia territoriale per i popoli indigeni non sarà rispettato in tutto il mondo.

Repressione contro i gruppi etnici

Le comunità nere americane d'origine africana hanno sofferto per secoli uno sfruttamento violento e disumano, fino all'annientamento fisico. La loro forza lavoro è stata utilizzata come lo strumento fondamentale dell'accumulazione capitalistica sia in America che in Europa. Confrontati a questa forma di repressione gli afroamericani hanno dato vita a processi di organizzazione e resistenza culturale fondati sulla comunità.

Ai nostri giorni le comunità nere soffrono gli effetti di "megaprogetti di sviluppo" realizzati nei loro territori, nonché l'invasione delle proprie terre da parte di grandi proprietari terrieri.

Ciò genera spostamenti di massa, povertà, alienazione culturale e, molto spesso, repressione e morte. In circostanze simili si trovano altri popoli, come gli Zingari, i Curdi, gli abitanti del Sahara, ecc., obbligati a combattere per il diritto di vivere dignitosamente contro stati nazionali che reprimono la loro identità e autonomia, imponendo loro una integrazione forzata all'interno di una società omogenea.

Molti di questi gruppi sono considerati una minaccia per i poteri dominanti, poiché reclamano e praticano il proprio diritto all'autonomia ed alla diversità culturale.

Minaccia contro la natura e l'agricoltura

La terra, l'acqua e le forme di vita acquatica, i boschi, la natura e le risorse minerali non sono da considerarsi beni economici, ma la precondizione della nostra vita umana.

Per decenni i poteri emersi dall'accumulazione monetaria e dal mercato hanno gonfiato i profitti mantenendo uno stretto controllo sulla politica e l'economia ed usurpando tali risorse, al prezzo di vite umane in gran parte del mondo. Per decenni la Banca Mondiale ed il Fondo Monetario Internazionale, ora anche l'OMC, alleati con i governi nazionali ed i poteri economici, hanno agevolato le manovre per appropriarsi dell'ambiente.
l risultato è stato la distruzione dell'ambiente, la scomparsa definitiva, e nella maggior parte dei casi senza alcun risarcimento, della diversità biologica e culturale, gli spostamenti tragici ed ingovernabili di masse di popolazioni.

Le disuguaglianze provocate dal capitale globale all'interno di uno stato e fra i singoli paesi si sono ampliate ed approfondite poiché i ricchi hanno sottratto le risorse naturali alle comunità, agli agricoltori, ai contadini, ai pescatori, alle popolazioni e alle tribù indigene, alle donne ed agli elementi più deboli della società, gettando ancora più nella miseria coloro che erano già incapaci di reagire. La gestione accentrata delle risorse naturali, imposta dagli accordi finanziari e commerciali, non lascia spazio alla sostenibilità inter ed intra generazionale. Essa segue esclusivamente il disegno delle potenze che hanno elaborato e ratificato tali accordi per accumulare ricchezza e potere.

Le tecnologie non sostenibili ad alto contenuto di capitale giocano un ruolo rilevante nella minaccia dell'Industria contro la natura e l'agricoltura. La rivoluzione verde della tecnologica ha provocato disordini sociali ed ambientali ovunque sia stata applicata e ha creato povertà e fame invece di aiutare ad eliminarle.

Oggi la biotecnologia moderna e le manipolazioni sulla vita umana appaiono l'arma più pericolosa e potente posseduta dalle grandi industrie per assumere il controllo del sistema alimentare mondiale. L'ingegneria genetica e la certificazione dei prodotti transgenetici devono essere impedite, poiché il loro potenziale impatto sulla società e sull'ambiente è il più elevato nella storia dell'umanità. Impegniamoci contro il paradigma del capitale globale, lo sforzo del lavoro sfruttato verso la rigenerazione della propria eredità naturale e la ricostruzione di comunità integrate e paritarie.

La nostra è la visione di un'economia decentralizzata e di una struttura politica fondata sui diritti delle comunità alle risorse naturali e all'autonoma pianificazione del proprio sviluppo, con l'equità e l'autosufficienza come valori fondamentali. Anzichè le priorità distorte imposte attraverso i disegni globali nei settori dei trasporti, delle infrastrutture e dell'energia, e delle tecnologie ad alto consumo energetico, i popoli riaffermano il diritto alla vita nel soddisfacimento dei bisogni fondamentali di ogni persona, escludendo la corsa all'accaparramento da parte della minoranza consumista. Rispettando la conoscenza tradizionale e le culture coerenti ai valori di uguaglianza, giustizia e sostenibilità, ci impegniamo a sviluppare nuovi modi creativi per usare e distribuire equamente le nostre risorse naturali.

Cultura

Un altro aspetto importante della globalizzazione, così come è orchestrato dall'OMC e dalle altre agenzie internazionali, è la commercializzazione e la mercificazione della cultura, l'appropriazione della diversità al fine di cooptarla ed integrarla nel processo di accumulazione capitalistica.
Questo procedimento di omogeneizzazione da parte dei media, non solo contribuisce al collasso dei legami culturali e sociali nelle comunità locali, ma distrugge anche l'essenza ed il significato della cultura stessa.

La diversità culturale non ha semplicemente un inestimabile valore in sé, come riflesso della creatività e potenzialità umana; essa costituisce anche uno strumento fondamentale di resistenza e di autodeterminazione. Per questo motivo l'omogeneizzazione culturale è stata uno strumento importante per il controllo centrale fin dai tempi del colonialismo. In passato l'eliminazione della diversità culturale è stata principalmente perseguita dalla Chiesa e tramite l'imposizione delle lingue coloniali.

Ai nostri giorni i mass media e la cultura consumistica delle multinazionali sono gli artefici principali della mercificazione ed omogeneizzazione delle diversità culturali. Il risultato di tale processo non è semplicemente una grave perdita del patrimonio umano, ma la creazione di un'allarmante dipendenza dalla cultura capitalistica del consumo di massa, ancor più profonda e difficile da eliminare della dipendenza economica e politica. Il controllo sulla cultura dovrebbe essere sottratto dalle mani dei poteri economici e restituito alle comunità.

L'autodeterminazione e la libertà sono possibili solo sulla base di un'attiva diversità culturale che consente ai popoli di determinare in maniera indipendente ogni aspetto della propria esistenza. Noi ci impegniamo profondamente per la liberazione culturale in tutti gli aspetti della vita, dal cibo ai film, dalla musica ai mezzi di comunicazione. Contribuiremo con la nostra azione diretta allo smantellamento della cultura consumistica e alla creazione di spazi di genuina creatività.

Conoscenza e Tecnologia

La conoscenza e la tecnologia non sono valori liberi e neutrali. Il dominio del capitale si fonda parzialmente sul controllo di entrambe. La scienza occidentale e la tecnologia hanno portato contributi molto importanti all'umanità, ma la loro supremazia ha spazzato via tanti validi sistemi di conoscenza e tecnologie fondate su un'esperienza centenaria.

La scienza occidentale è caratterizzata dalla produzione di modelli semplificati della realtà a scopo sperimentale. Di conseguenza questo metodo scientifico riduttivo ha una capacità estremamente limitata di produrre nozioni utili riguardo a sistemi caotici e complessi come l'agricoltura. I sistemi tecnologici tradizionali ed i metodi di produzione di conoscenza sono molto più efficaci, poiché basati su generazioni di osservazione diretta e d'interazione con sistemi complessi e non semplificati.
Al contrario, le tecnologie sofisticate ad alto contenuto di capitale falliscono nei sistemi complessi, e molte volte provocano la loro ingovernabilità, come dimostrano la rivoluzione tecnologica verde, la moderna barriera tecnologia ed altri esempi.

Nonostante molti fallimenti, le tecnologie capital-intensive sono sistematicamente ritenute superiori a quelle tradizionali, labour-intensive. Questa discriminazione ideologica determina disoccupazione, indebitamento e, cosa molto importante, la perdita dell'inestimabile patrimonio di conoscenze e tecnologie accumulate nel tempo. La conoscenza tradizionale, spesso controllata dalle donne, è ancora rigettata come "superstizione" e "stregoneria" dagli studiosi e dagli accademici occidentali, per lo più uomini.
Il loro "razionalismo" e la loro "modernità" hanno mirato per secoli a distruggerla irrecuperabilmente. Ciononostante, le multinazionali farmaceutiche e l'agribusiness hanno recentemente scoperto il valore ed il potenziale delle conoscenze tradizionali e li stanno rubando, brevettando e mercificando per il proprio profitto.
La tecnologia capital-intensive è delineata, promossa e commercializzata per asservire il processo di globalizzazione capitalistica. Poiché l'uso delle tecnologie ha un'influenza molto importante sulla vita sociale ed individuale, i popoli dovrebbero averne libero accesso e controllo.

Solo quelle tecnologie che possono essere controllate ed utilizzate dalla gente comune dovrebbero essere considerate valide. Inoltre, il controllo del modo in cui le tecnologie sono ideate e prodotte, i loro scopi e finalità, dovrebbero ispirarsi ai principi umanitari di solidarietà, mutua cooperazione e senso comune. Oggi i principi che sottendono la produzione e la tecnologia sono esattamente opposti: il profitto, la competizione, la deliberata produzione di obsolescenza dei prodotti. Il rafforzamento dei più deboli passa attraverso il controllo da parte dei diretti interessati sull'uso e la produzione di tecnologie.

Istruzione e nuove generazioni

I contenuti dell'attuale sistema di istruzione sono sempre più condizionati dalla domanda produttiva dettata dal sistema economico. Gli interessi e le esigenze della globalizzazione economica conducono ad una crescente mercificazione dell'istruzione.
I fondi pubblici per l'istruzione, in continua diminuzione, favoriscono il fiorire di scuole ed università private, mentre le condizioni di lavoro degli impiegati nella Pubblica Istruzione vengono erose dall'austerità finanziaria imposta dai Programmi di Aggiustamento Strutturale. Sempre più l'apprendimento diviene un processo che intensifica le diseguaglianze nelle società.
Anche l'istruzione pubblica, e soprattutto le università, stanno diventando inaccessibili per ampi strati della società. L'apprendimento delle discipline umanistiche (storia, filosofia, ecc.) e lo sviluppo di un pensiero critico è scoraggiato a vantaggio di un'istruzione supina agli interessi del processo di globalizzazione, in cui predomina il valore della competitività. Gli studenti spendono sempre più tempo ad imparare come competere con gli altri, piuttosto che sviluppare la propria crescita personale e a costruire le capacità critiche ed il potenziale per riformare la società.

L'istruzione come strumento di cambiamento sociale richiede insegnanti critici e pronti al confronto in tutti i sistemi didattici. L'educazione basata sulla comunità può generare procedimenti cognitivi all'interno della società. Un accesso limitato ed ineguale alle capacità linguistiche e alle informazioni, specialmente per le donne, impedisce la partecipazione all'attività politica insieme a altri popoli. Costruire questi strumenti è un modo per rafforzare e ristabilire i valori umani. Inoltre, l'istruzione è sempre più commercializzata come veicolo per il mercato. Ciò si realizza tramite gli investimenti delle imprese nella ricerca e nella promozione della conoscenza orientata verso le capacità richieste dal mercato. Il dominio dei mass media dovrebbe essere dissolto e sostenuto il diritto di riprodurre le proprie conoscenze e culture. Tuttavia, per molti bambini di tutto il mondo la mercificazione dell'istruzione non è un fatto cruciale, poiché essi stessi sono mercificati come oggetti sessuali e forza lavoro sfruttata, soffrendo disumani livelli di violenza.

La globalizzazione economica è alla radice dell'incubo quotidiano di un numero crescente di bambini sfruttati. Il loro destino è la più terribile conseguenza della miseria generata dal mercato globale.

Militarizzazione

La globalizzazione rende più acute crescenti crisi complesse che generano tensioni e conflitti un po' dovunque. Il bisogno di controllare questo aumentato disordine è intensificato dalla militarizzazione e repressione nella nostra società (più polizia, arresti, prigioni e prigionieri).

Le istituzioni militari, come la NATO dominata dagli Stati Uniti ma che organizza anche le altre potenze del Nord, sono tra i principali strumenti che perpetrano questo ordine mondiale completamente squilibrato.

La coscrizione obbligatoria è in molti paesi il mezzo per indottrinare le giovani generazioni e legittimare il militarismo. Anche i mass media e la cultura consumistica glorificano ed esaltano il militarismo e l'uso della violenza.
Aldilà dell'apparenza democratica, c'è una crescente militarizzazione degli stati nazionali, che fanno spesso uso di gruppi paramilitari, a loro difficilmente riconducibili, per rafforzare gli interessi del capitale. Nel contempo il complesso dell'industria militare, uno dei pilastri del sistema economico globale, è sempre più controllato da grandi imprese private.

Formalmente l'OMC lascia agli stati la competenza della difesa, ma anche il settore militare è coinvolto nella ricerca del profitto privato. Noi chiediamo lo smantellamento di tutte le armi di distruzione di massa, comprese quelle nucleari.
La Corte Mondiale de L'Aia ha recentemente dichiarato che le armi nucleari violano il diritto internazionale, invitando tutte le potenze nucleari a trovare un accordo per il loro completo smantellamento. Ciò significa che la strategia della NATO, fondata su un possibile uso delle armi nucleari, rappresenta un crimine contro l'umanità.

Emigrazione e discriminazione

I regimi neoliberali forniscono libertà di movimento per i capitali, negando però tale diritto agli esseri umani. Le barriere legali all'immigrazione sono costantemente rafforzate nel momento stesso in cui la distruzione massiccia di forme di sostentamento economico e la concentrazione della ricchezza nei paesi opulenti sradica milioni di persone forzandole a cercare lavoro molto lontano da casa. Gli emigranti versano sempre più in condizioni precarie, spesso illegali, sempre più facile oggetto di sfruttamento. Diventano così il capro espiatorio contro il quale gli uomini politici di destra incoraggiano la popolazione locale a sfogare le proprie frustrazioni.

La solidarietà con gli immigranti è più importante che mai. Non ci sono esseri umani illegali, solo leggi inumane. Bisogna resistere con ogni mezzo contro il razzismo, la xenofobia, il sistema delle caste ed il bigottismo religioso, utilizzati per dividerci. Celebriamo la nostra diversità culturale e sociale senza piazzare nessuno al di sopra degli altri.
L'OMC, il FMI, la BM e le altre istituzioni che promuovono la globalizzazione e la liberalizzazione credono negli effetti benefici della competizione globale. I loro accordi e le loro politiche costituiscono una diretta violazione dei diritti umanitari fondamentali (compresi i diritti civili, politici, economici, sociali, culturali e di lavoro) codificati nel diritto internazionale, in molte costituzioni nazionali e profondamente impressi nel senso comune di dignità umana.

Noi ne abbiamo abbastanza delle loro politiche inumane. Rigettiamo il principio della competitività come soluzione ai problemi dei popoli, ciò porta solo alla distruzione dei piccoli produttori e delle economie locali. Il neoliberalismo è il reale nemico della libertà economica.

SECONDA PARTE

Il capitalismo ha peggiorato il fragile controllo conquistato in secoli di lotta nel contesto nazionale. Ciò significa mantenere vivo lo stato nazionale solo allo scopo di controllare e reprimere il popolo, mentre si crea un nuovo sistema di regole transnazionali per agevolare l'azione globale del capitalismo. Noi non possiamo confrontarci con il capitalismo transnazionale con gli strumenti tradizionali impiegati a livello nazionale. In questo nuovo mondo globalizzato abbiamo bisogno di inventare nuove forme di lotta e solidarietà, nuovi obiettivi e strategie per il nostro lavoro politico.

Dobbiamo associare forze per creare diversi spazi di cooperazione, uguaglianza, dignità, giustizia e libertà di dimensione umana, mentre attacchiamo il capitale nazionale e transnazionale, gli accordi e le istituzioni che questi hanno creato per affermare il proprio potere. Ci sono molti modi per resistere alla globalizzazione capitalistica e alle sue conseguenze. A livello individuale, dobbiamo trasformare le nostre vite quotidiane liberando noi stessi dalle leggi del mercato e dal perseguimento del profitto privato. A livello collettivo, dobbiamo sviluppare in ogni specifico ambiente forme diverse di organizzazione, riconoscendo che non vi è una singola soluzione al problema che stiamo affrontando.

Tali organizzazioni devono essere indipendenti dalle strutture governative e dai poteri economici e basarsi sulla democrazia diretta. Esse dovrebbero emergere ed essere radicate nelle comunità locali, praticando allo stesso tempo la solidarietà internazionale, costruendo ponti per connettere settori sociali differenti, popoli ed organizzazioni che stanno già combattendo nel mondo contro la globalizzazione. Questi strumenti di coordinamento e rafforzamento forniscono la possibilità di mettere in pratica un insieme di strategie locali di piccola scala, sviluppate dai popoli del mondo negli ultimi decenni, con l'obiettivo di disconnettere le loro comunità, le piccole collettività e i loro vicini dal mercato globale.

Legami diretti fra produttori e consumatori, sia nelle aree rurali che in quelle urbane, monete locali, schemi di credito privi di interessi, e altri strumenti di questo genere sono le fondamenta per la creazione di economie locali sostenibili ed autosufficienti basate sulla solidarietà e la cooperazione piuttosto che sulla competizione ed il profitto. Mentre il casinò finanziario globale conduce a crescente velocità verso la disintegrazione sociale ed ambientale ed al crollo economico, la gente ricostruirà sistemi di sostentamento economico sostenibili. La nostra ispirazione ed i mezzi di cui ci serviremo emaneranno dalle conoscenze e dalle tecnologie possedute dalla gente: case e campi occupati, una forte e vivace diversità culturale e una chiarissima determinazione a disobbedire attivamente e a non rispettare tutti i trattati e le istituzioni che sono alla radice della povertà. In un contesto in cui i governi di tutto il mondo si comportano come creature e mezzi delle potenze capitalistiche e realizzano le politiche neoliberali senza alcun dibattito fra elettori e rappresentanti eletti, l'unica alternativa rimasta alla gente è quella di distruggere gli accordi commerciali e ristabilire la democrazia diretta, libera dalla coercizione, dalla dominazione e dallo sfruttamento.

La democrazia diretta, che porta con sé l'essenza della disobbedienza civile non violenta ad un sistema ingiusto, è pertanto la sola via possibile per fermare il malefico potere economico di stato. Inoltre, essa possiede l'elemento essenziale dell'immediatezza. Ciononostante non escludiamo l'impiego di altre forme d'azione in determinate circostanze. La necessità di concertare azioni per smantellare il sistema di potere mondiale illegittimo che combina insieme capitale transnazionale, stati nazionali, istituzioni finanziarie internazionali ed accordi commerciali, è diventata urgente. Solo un'alleanza globale fra i movimenti dei popoli, che rispettano l'autonomia ed agevolano la resistenza orientata all'azione, possono sconfiggere questo mostro globalizzato. Se l'impoverimento dei popoli è nell'agenda del neoliberalismo, il rafforzamento diretto di questi ultimi attraverso azioni dirette costruttive e la disobbedienza civile sarà il programma dell'Azione Globale dei Popoli contro il "libero" mercato e l'OMC.

Affermiamo la nostra volontà a lottare, in quanto popoli, contro tutte le forme di oppressione. Noi non solo combattiamo il male che ci è imposto, ma impegniamo anche noi stessi a costruire un nuovo mondo. Siamo insieme come esseri umani e come comunità; la nostra unità è radicata profondamente nella diversità. Disegniamo insieme una visione di un mondo giusto ed iniziamo a costruire quella vera ricchezza e prosperità che scaturisce dal rafforzamento dell'essere umano, dall'abbondanza naturale, dalla diversità, dalla dignità e dalla libertà.

Ginevra, Febbraio-Marzo 1998

[trad. dall'inglese di Donatella Gnisci]


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