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Sotto osservazione
S I CHIAMA "Commissione internazionale di osservazione", partirà domenica 15 febbraio per il Messico, è formata da circa centocinquenta persone di diversi paesi europei (e non solo), ed è un'iniziativa assai singolare. L'idea l'hanno avuta, all'inizio di gennaio, i gruppi catalani di solidarietà con gli indigeni del Chiapas, l'hanno lanciata e sostenuta con un appello che ha raccolto firme in tutta Europa: si trattava di mettere insieme personalità o semplici rappresentanti della società civile perché andassero in Messico, appunto, ad osservare, farsi spiegare e testimoniare al loro ritorno della effettiva situazione politica e dei diritti umani in Chiapas. L'idea ha avuto successo, anche perché - nel messaggio con cui ha salutato la mobilitazione mondiale dopo la strage di Acteal - lo stesso subcomandante Marcos ha assicurato che "le comunità indigene danno il benvenuto alla Commissione internazionale". Così, tra sabato e domenica prossimi saliranno su aerei, per ritrovarsi domenica sera a Città del Messico, francesi e spagnoli, baschi e italiani, greci e danesi, tedeschi e belgi, ma anche nicaraguensi e brasiliani, argentini e canadesi. Monsignor Gaillot Tra loro, per fare qualche nome, ci saranno monsignor Gaillot (il vescovo francese) e don Albino Bizzotto (dei Beati i costruttori di pace) e il parlamentare italiano Niki Vendola (di Rifondazione), ma in generale una lunga teoria di sindacalisti, giornalisti, docenti universitari, attori, registi, avvocati, qualche sindaco e molti militanti dei gruppi di solidarietà e di associazioni per i diritti umani. Tutti, allo stesso titolo, autori di una cosa forse mai vista: testimoniare con la loro presenza fisica che il mondo ha lo sguardo fisso sulle montagne e la selva del Chiapas. Il loro programma è fittissimo. La Commissione - che formerà gruppi di lavoro e di documentazione - incontrerà rappresentanti del governo federale, del governo chiapaneco, dello stesso esercito e perfino dei gruppi paramilitari semilegali (se sarà possibile), e anche, ovviamente, la diocesi di San Cristóbal, le associazioni dei diritti umani e di sostegno agli zapatisti. Ma, soprattutto, in dieci giorni visiterà tutti i luoghi "di conflitto", le cinque municipalità (le Aguascalientes) zapatiste, ma anche i luoghi dove sono accampate le migliaia di profughi in fuga dai paramilitari (come Polhó) o la zona nord del Chiapas, dove due mesi fa il vescovo Ruiz subì un attentato.
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