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Prigionieri ingiustamente detenuti in Chiapas


        


Durante la metà del 1995 si incrementa l'escalation di violenza in quella che oggi conosciamo come zona nord del Chiapas, iniziano inoltre ad essere presentate le accuse penali contro le basi d'appoggio dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale e contro tutte quelle persone identificate con organizzazioni politiche di opposizione. Nella maggioranza dei fascicoli relativi agli indigeni della zona nord troviamo annotato che la persona accusatrice appartiene al partito ufficiale e la persona accusata appartiene all'EZLN o al Partito della Rivoluzione Democratica (PRD).
 
Almeno la metà dei 104 prigionieri politici raggruppati nell'organizzazione "La Voz de Cerro Hueco" provengono dai municipi della zona nord.
Sono indigeni di etnia chol e sono rinchiusi nel carcere della capitale del Chiapas, Cerro Hueco, e in quello distrettuale di Yajalon.
 
I prigionieri cui l'accusa è relazionata alla partecipazione in Municipi Autonomi (creati dall'EZLN il 18 dicembre 1994) sono all'incirca trenta, senza contare quelli che si trovano in libertà provvisoria su cauzione.
Questi vennero imprigionati verso la fine del 1997 durante la detenzione di quattro persone del municipio autonomo "Tierra y Libertad".
Nell'aprile del 1998 vennero detenute 16 persone del recente municipio autonomo "Ricardo Flores Magon"; il primo maggio del 1998 vennero arrestate otto persone del municipio autonomo "Tierra y Libertad"; il 3 giugno vennero imprigionate otto persone del municipio libero di Nicolas Ruiz (sono simpatizzanti dell'EZLN e vennero detenute durante un'operazione poliziesca simile a quelle precedenti) mentre il 5 giugno vennero arrestate 18 persone del municipio autonomo di El Bosque.
 
Nei casi relativi alle basi d'appoggio dell'EZLN lo schema di accusa è sempre lo stesso: Un militante del partito ufficiale si presenta all'Agente del Pubblico Ministero per denunciare che è stato commesso un delitto contro di lui; il funzionario agisce con una rapidità che non gli è certo caratteristica e sollecita al Giudice gli ordini di cattura; il Giudice risponde con rapidità e senza mediazione all'analisi dell'indagine previa e quindi emette gli ordini di cattura, i quali vengono compiuti immediatamente dalla Polizia Giudiziaria del Chiapas, "appoggiata" da centinaia di poliziotti di Seguridad Publica dello Stato, Polizia Giudiziaria Federale, Esercito Federale e agenti dell'Istituto Nazionale igratorio.
 
Durante il processo accade generalmente che le persone accusanti non si presentano a sostenere le accuse e se si presentano esprimono di non aver dichiarato contro nessuno, oppure che tutto è opera del Pubblico Ministero (caso Taniperlas), o di essere state forzate a dichiarare contro i prigionieri, eccetra. La stragrande maggioranza dei prigionieri zapatisti sono stati accusati, detenuti e processati in queste circostanze.
 
I giudici in tutti i casi omettono un'analisi obiettiva ed imparziale delle indagini previe.
Quindi troviamo che indagini deficienti, dichiarazioni inverosimili, detenzioni illegali e violazioni alle garanzie individuali sono il fondamento di lunghi processi che culminano in lunghe pene di prigione come condanna. Inoltre, durante lo sviluppo del processo viene ignorato il principio di presunzione d'innocenza come anche la condizione di indigeno del processato.
 
Le accuse contro le basi d'appoggio zapatiste sono insostenibili giuridicamente ed è per questa ragione che vari di loro sono stati rilasciati. Nonostante il fatto che il governo del Chiapas si impegna nel mantenerli in prigione accusandoli di gravi delitti, l'analisi nell'osservanza della legge fa svanire i delitti. Ad oggi hanno ottenuto la libertà provvisoria undici persone detenute durante l'operazione poliziesco-militare di Taniperlas che vennero accusate dei delitti di Privazione Illegale della libertà, danneggiamenti e saccheggio. Recentemente (il 30 ottobre) sei contadini del municipio di Nicolas Ruiz, imprigionati lo scorso 3 di giugno, hanno ottenuto la libertà provvisoria.
 
Quindi, fronte all'impossibilità di tenerli in prigione, il governo del Chiapas ha preteso di manipolare in proprio favore la liberazione degli indigeni e dei contadini, affermando che nel concedere la libertà mette in atto il programma di distensione promosso dal governatore in dimostrazione della volontà del governo nel risolvere i problemi sociali in Chiapas.
 
Seguono alcuni esempi del funzionamento dell'amministrazione della giustizia in casi relativi ad indigeni zapatisti originari della zona nord del Chiapas:
 
Filemon Perez Hernandez, indigeno chol, venne detenuto nell'aprile del 1997, mentre si recava ad offrire la propria testimonianza in favore di tre suoi compagni che erano stati reclusi. Venne arrestato all'uscita del Tribunale da poliziotti della Seguridad Publica. L'accusa è di omicidio nei confronti di tre persone. Lo accusarono inoltre di assalto che, in accordo al suo fascicolo, venne realizzato venti minuti dopo l'omicidio. Con le stesse prove (o mancanza di prove), gli stessi testimoni, le stesse circostanze e la stessa responsabilità attribuita, il Giudice di Yajalon assolveva dalle imputazioni Rosey Perez Jimenez (ex-presidente di La Voz de Cerro Hueco), co-accusato di Filemon. Rosey venne liberato e trasferito in elicottero alla propria comunità dallo stesso sottosegretario di Governo.
Lì questo funzionario presentò Rosey come segno di volontà del governo per accogliere le richieste della zona nord. Nonostante ciò, Filemon Perez Hernandez venne condannato, lo scorso 10 luglio, a 25 anni di carcere.
 
Adolfo Lopez Vazquez, indigeno chol, processato per il delitto di omicidio è prossimo a ricevere la sentenza senza aver potuto contare su un traduttore della sua lingua fina dalla sua prima dichiarazione.
La Giudice incaricata del processo disse che Adolfo non ha bisogno di traduttore perché parla perfettamente lo spagnolo e inoltre, afferma per sostenere la sua dichiarazione, "anche la mia domestica è di etnia chol e parla molto bene lo spagnolo". Una perizia in materia linguistica, elaborata dall'Istituto Nazionale Indigenista dimostrò che Adolfo non poteva aver narrato le tre pagine A4 che costituiscono la sua dichiarazione auto accusatoria. Ma ugualmente, la Giudice di Yajalon lo condannò a 40 anni di prigione. Oggi, il caso si trova in procinto di essere esaminato in Appello.
 
Diego Perez Cruz, della comunità Francisco Villa, municipio di Sabanilla, venne arrestato e torturato per responsabilizzarlo della morte di un poliziotto. Si presume che un gruppo di poliziotti di Seguridad Publica abbia subito un'imboscata da un gruppo di indigeni, un poliziotto risultò ucciso e così uno dei presunti aggressori. Della morte del presunto aggressore non risulta responsabile nessuno, tuttavia, Diego venne arrestato due ore dopo i fatti, a due chilometri dal posto, nel suo appezzamento di lavoro e venne obbligato ad auto incolparsi. Nonostante non esistano prove sufficienti della sua presunta responsabilità, Diego è in carcere dal mese di aprile del 1997 ed è in attesa di sentenza.
 


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