Claudio Albertani
Dietro l'asettica etichetta "neoliberismo" si celano oggi tutti i poteri costituiti, tutti i governi, le polizie, gli eserciti, le multinazionali, i mezzi di comunicazione, insomma i padroni di quel vapore che ci ostiniamo a chiamare capitalismo.
La storia, essi ci dicono, si ä conclusa con il crollo del "socialismo reale", adesso bisogna inchinarsi di fronte agli idoli vincenti: la merce, le borse valori, il denaro. Chi è così insensato da dubitarne? Armati di tende, amache e sacchi a pelo, 2500 "insensati" si sono dati appuntamento il 26 luglio nella Plaza de Toros de San Sebastian de Los Reyes, nei pressi di Madrid, per l'inizio del II Incontro Intercontinentale per l'Umanità e contro il Neoliberismo svoltosi nei giorni seguenti in cinque località della Spagna.
Concepita l'anno precedente in Chiapas su proposta degli zapatisti messicani e realizzata grazie al contributo di un gran numero di persone e collettivi di tutta Europa, l'iniziativa ha avuto scarsa risonanza. Nulla di strano: un Incontro autogestito, autofinanziato, estraneo alla sinistra istituzionale e carente di elementi spettacolari, non fa "notizia".Inconsueta agitazione nei cieli di Castiglia
La sera del 26, invece del solito pubblico delle corride siede sulle scalinate dello stadio una folla variopinta e inquieta di giovani e non più giovani. Con gli ultimi arrivi, la confusione degli accrediti e le (disagevoli) condizioni di alloggio la giornata non è stata facile. Esistono motivi per irritarsi ma anche per mantenere il buon umore. Si mescolano le sensazioni: antipatia, disponibilità, chiusura. La noia è assente.
L'inaugurazione si trascina con lentezza fino all'arrivo dei due delegati dell'EZLN, Dalia e Felipe. Carica di significati, la loro presenza fa dimenticare la tensione, le polemiche e i ritardi organizzativi delle ultime settimane.
É la prima volta che una delegazione zapatista esce dal Messico e, a 505 anni dall'invasione, ä la prima volta che degli indigeni membri di un gruppo armato percorrono in senso inverso la rotta dei conquistatori spagnoli.
Dalia e Felipe sono maya tojolabal di Guadalupe Tepeyac, il villaggio della Selva Lacandona occupato dall'esercito messicano nel 1995. Appartengono alle basi d'appoggio dell'EZLN ed hanno il volto coperto dal « paliacate", il fazzoletto rosso simbolo della ribellione.
"Siamo necessari alla storia, Il mondo non può camminare senza di noi", attacca Dalia. Non si riferisce solo ai maya, ma alla moltitudine di popoli indigeni che lottano per essere padroni del proprio destino e contribuire alla costruzione di "molti mondi". Prosegue: "Non siamo venuti a litigare, a vedere chi parla meglio, chi possiede la verità o chi è più forte". Diplomatico appunto alla rissosa moltitudine di dissidenti intergalattici? Il dubbio resta nell'aria. "Speriamo di congiungere il nostro colore e il nostro suono al mondo della resistenza", conclude Dalia.
La cerimonia finisce con la consegna di regali simbolici: una pannocchia di mais, una manciata di terra chiapaneca, un bastone di comando, una pietra sacra "e la presenza di tutti voi e di noi a questo Incontro".Il mondo della resistenza
Tracciare un ritratto del "mondo della resistenza" non ä facile. Sono rappresentati 45 paesi, tre più dello scorso anno. Alcuni partecipanti sono "cani sciolti", altri appartengono a gruppi, organizzazioni e collettivi estremamente eterogenei.
Ci sono Ong, sindacalisti, femministe, professori universitari, ecologisti, animalisti, lesbiche, gay, religiosi, pacifisti e reduci di guerriglie e lotte armate Ed ancora: i Senza Terra del Brasile, il PKK kurdo, i baschi, il Consortium for Agrarian Reform (KPA, indonesiano), il Peasant Mouvement (KMP, filippino), il Consejo de Pueblos Mayas del Guatemala e decine di organizzazioni indigene e contadine.
C'è chi si richiama al nazionalismo dei popoli oppressi, alle antiche ortodossie o a qualcuna delle molte denominazioni del vecchio movimento operaio. Ci sono gli "sviluppisti" e coloro che combattono il modello economico occidentale. C'è anche chi, tentando l'esplorazione di nuove piste, sfugge ogni classificazione tradizionale.
Tutti cercano risposte al messaggio ribelle degli zapatisti messicani. Tutti hanno in comune l'ansia di rimettere in moto la questione sociale e di costruire una rete mondiale di lotte contro il neoliberismo.
Spicca la gran quantità di italiani (quasi novecento) e la scarsità di spagnoli, circa 400. Perché? A quanto sembra, l'estenuante lavoro organizzativo ha prodotto divisioni tra i gruppi promotori. Tali difficoltà si riflettono nella poco numerosa manifestazione di domenica 27 a favore di Cuba, indetta (senza informarci) insieme ai partiti della sinistra istituzionale.
Se il grande problema l'anno scorso era stata la quasi assenza di africani e asiatici, significativa - anche se ancora molto limitata numericamente - è adesso l'affluenza di extraeuropei. Fra gli altri, ci sono magrebbini, sub-sahariani, sudafricani, indiani, palestinesi, indonesiani, australiani, giapponesi, filippini, pakistani, kurdi, centro e sudamericani. Ci sono anche un centinaio di messicani e di statunitensi, tra cui gli internettisti di Austin, Texas, creatori della prima pagina web di informazioni sulla ribellione chiapaneca.Una miriade di incontri
In totale, una vera e propria Babele umana, politica e linguistica che però stenta a capirsi. Al momento di iniziare i lavori, uno dei problemi è l'eccessiva dispersione dei luoghi geografici e quindi la mancanza di comunicazione e di coordinazione fra i partecipanti. Le cinque località, Madrid, Barcellona Ruesta (Aragona), Almuñuecar e El Indiano (questi ultimi in Andalusia) si trovano sparse ai quattro angoli della Spagna. Le distanze sono lunghe (1300 Km tra Ruesta e El Indiano!) ed i viaggi sotto il sole cocente, estenuanti. Ripetere la divisione per sedi lontane tra loro, adottata in Chiapas ä, a conti fatti, un errore.
Gli "incontri" si fanno, in ogni modo, anche al margine dell'"Incontro". Un'occasione è, ad esempio, il "Treno speciale per l'umanità " che trasporta 500 dei partecipanti verso la sede di Barcellona. Locomotiva della storia? No, però è una possibilità di parlarsi fuori delle tensioni assembleari, raccontare storie, scambiare indirizzi. E poi ci sono i momenti di vita collettiva, i pasti (quasi sempre deliziosi), la pulizia, i giardini infantili (a carico dei nostri figli più grandi). Sono altrettanti germi di un progetto di gratuità che guarda oltre la civiltà del denaro.
Nei giorni seguenti i delegati zapatisti visitano le cinque sedi dell'Incontro percorrendo più di otto mila chilometri in una settimana. Con la proverbiale serenità india e il caratteristico spagnolo dei maya danno conferenze stampa, spiegano perchè gli zapatisti hanno deciso di non votare alle recenti elezioni politiche, denunciano il tradimento degli accordi di San Andres e l'accerchiamento militare.
Felipe narra le vicissitudini delle basi d'appoggio zapatiste, il segreto serbato a lungo dell'organizzazione, la vita nei villaggi, i morti, la repressione. Dalia parla della legge sulle donne redatta poco prima della ribellione dalle miliziane dell'EZLN e discussa nei villaggi. Racconta episodi della vita quotidiana, la maternità, il machismo, il flagello dell'alcol. Conclude: "noi zapatiste, a volte non comprendiamo la lotta delle altre donne, però vogliamo dirvi che rispettiamo il pensiero di tutte voi, (...) la nostra lotta, come quella di tante altre donne, ä appena all'inizio".
E gli altri? I partecipanti si suddividono in tavoli e sottotavoli e piccoli gruppi per discutere i temi proposti: economia, politica, cultura, terra, emarginazione e lotta contro il patriarcato. "Per un mondo che contiene molti mondi" è il tema chiave dell'Incontro, mentre la costruzione di una rete mondiale di lotte è l'obiettivo da raggiungere.Punti nevralgici
L'andamento dei lavori varia secondo i luoghi e i gruppi. Nel corso dei dibattiti, soprattutto durante le assemblee finali, non mancano i problemi e le valutazioni negative. Le incomprensioni linguistiche e la scarsità di traduttori competenti peggiorano le cose.
Diffusa è anche la sensazione di non trovare la propria opinione riflessa nei documenti finali. Salvo casi isolati (e da verificare), ciò non si deve a mala fede, ma all'inesperienza di alcuni moderatori. Durante la chiusura a El Indiano, i 45 gradi all'ombra, le notti insonni e l'insoddisfazione diffusa provocano un episodio tragicomico. La fatidica qualifica di nazista lanciata con leggerezza a un infelice intergalattico genera il "nemico". Volano le lattine di birra e si arriverebbe alle mani senza il provvidenziale intervento di un'attempata e saggia militante dell'FZLN messicano.
Altra questione incandescente è quella di ETA. Dopo l'esecuzione di Miguel Angel Blanco, la Spagna vive momenti di tensione paragonabili ai nostri anni settanta. É normale che gli organizzatori stiano attenti a non sbilanciarsi, un atteggiamento spesso non capito dai partecipanti, in particolare italiani. Sebbene il documento sulla prigionia politica, a lungo osteggiato dagli spagnoli nell'assemblea plenaria di Almuñecar, non contenga riferimenti espliciti, è il netto schieramento pro o contro ETA a creare conflitto.
I temi dell'identità - parola che in Europa possiede un suono sinistro - e del nazionalismo meritano però ben altro trattamento. É possibile conciliare le lotte sociali nel mondo globalizzato con il messaggio nazionalista? E ancora: ha un senso, oggi, difendere gli stati-nazione? O, peggio, crearne di nuovi?
"La piccola voce degli zapatisti spera di incontrarsi con altre voci", avevano detto i delegati dell'EZLN all'inaugurazione. Obiettivo raggiunto? Solo in parte. Le nostre "voci" si sono incrociate, ma non si sono parlate. L'impressionante apparato di sicurezza costruito intorno ai due indigeni tojolabal ha reso difficile l'incontro e la conoscenza reciproca.
Tutte queste difficoltà sollevano la grave questione della ri-costruzione di un luogo pubblico che è il grande problema del nostro tempo. Come creare degli spazi autenticamente democratici? Come allargare la partecipazione? Come andare oltre le maschere e i ruoli? Come imparare a parlare di se, delle proprie vite e di un progetto comune, senza scadere nella stanca ripetizione di formule vuote? Sono materiali per il III Incontro per il quale ci sono già le candidature del Marocco, del Brasile, dell'Australia e di Città del Messico.Bilancio provvisorio
Nel frattempo, dobbiamo riflettere sul Secondo che, con il tempo, ci apparirà probabilmente sotto altre luci. É curioso che le critiche più furibonde si elidono a vicenda.
C'è chi, con mala fede interessata, scrive di "anarchici", "consumatori di marijuana, incorruttibili avversari del sapone e dell'igiene" (Guillermo Almeyra, La Jornada, 7 settembre). E c'è invece chi vede cospirazioni dei "partiti riformisti".
Atteniamoci ai fatti. L'obiettivo principale dell'Incontro era la crescita delle rete di lotte. Dove siamo? Un passo più in là. Abbiamo adesso più contatti e quelli che esistevano - malgrado i problemi - sono più solidi.
Sebbene un troppo vago, il documento finale sulla rete cerca di rispondere alle domande "Con chi? Come? Per fare cosa?" che ci eravamo posti nelle riunioni di preparazione. Vi sono delle novità come l'insistenza sulle dinamiche locali e sulle reti settoriali (ecologiche, antinucleari, contro il razzismo, per i diritti umani, la cittadinanza globale, ecc.) da articolare, si spiega, "con pratiche di resistenza e trasformazione" di carattere globale.
Un esempio è la rete latinoamericana di organizzazioni indigene e popolari che ha già fissato un calendario di azioni e sta per produrre un bollettino.
Oltre a una quantità di iniziative locali e di campagne di boicotaggio, si è decisa anche una giornata mondiale di lotta, il 12 ottobre, per la dignità dei popoli indigeni, la libera circolazione e la cittadinanza mondiale. Il processo, come si vede, è in marcia. É doveroso infine ringraziare gli amici spagnoli che hanno portato a termine con entusiasmo l'impegno di organizzare l'Incontro e ci hanno sopportato durante otto lunghi giorni.
Va oltre i propositi di questa breve cronaca, esaminare i risultati finali (in fase di trascrizione) o gli interventi spesso di notevole interesse. Segnalo comunque la grande abbondanza di materiali informativi intorno ai paesi rappresentati e le relazioni contro il patriarcato prodotte dal tavolo delle donne e da quello misto. In attesa del libro-memoria che dovrebbe uscire entro fine anno, gli interessati possono consultare i siti :
http://www.nexus.it/commerce/tmcrew/chiapas/index.htm (tactical media)
http://www.ipsnet.it/chiapas/ (comitato Chiapas di Torino)
http://www. pangea.org/encuentro(Sito spagnolo)Settembre 1997